Trasmettere.

Il teatro cinematografico, il realismo visionario di Fellini

quest’estate che si preannuncia, poi si nasconde

i piccolissimi semi piantati ad imbrunire

il vento fresco che fa spazio alla tempesta a venire

 

è tutto pieno di voce e di luminoso silenzio.

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Le periferie delle città sono abitate da spiriti

La voce del tram striscia sull’asfalto

In queste periferie abitate da Spiriti Senza dimora, incastrati a vivere in un limbo nebbioso, infestato d’oblio

In questa dimensione in cui prendono voce, ronzio, dolore, vestendosi di pianto.

Qui si respira il vuoto dei cuori che, lividi, dimenticano perfino la sensazione della sete e, con la pioggia, si scoprono a nutrirsi d’acqua come nelle epoche di carestia per provare a ritrovare la strada del ritorno.

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Calabria.

Dove siete andati, fratelli?

Quali minuscoli vicoli avete scelto

per dileguarvi?

Da cosa siete scappati via?

 

Avete lasciato i paesi deserti

vivi soltanto nei ricordi

gravidi di malinconia

ad aspettarvi

 

Avete lasciato i volti degli anziani

a custodirvi in ogni ruga

come cimelio del tempo trascorso,

del tempo smarrito

Avete lasciato questa Terra

Benedetta Terra

riarsa e speranzosa, che si aggrappa

con rinnovato vigore

all’oblio dettato dalla vostra assenza

ad annegare nelle sabbie mobili dell’avvenire

 

Lontana, questa Terra di confine

che affonda Radici nei vostri cuori sabbiosi, suoi figli,

e vi lascia liberi e forti, in debito di gentilezza

come riverbero nei pensieri assopiti

 

La vostra Terra, stagione fiorita

che ancora soffre

la carestia dei padri e dei figli

il mal d’esilio

la memoria divelta

Quella che fuggite è la Terra che protegge

le vostre mani consunte e ruvide,

che stilla rugiada nel sudore della vostra fronte

e rende in dono lo splendore risorto delle Primavere

al degrado del tempo,

affinché non sia il Tempo a legarvi

al Suo sacrificio d’abbandono

e trasformi ogni pensiero

in Ali schiuse e fiere della sua bellezza.

 

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Olio su tela.

Piccola memoria dell’anno nuovo che sorge

marmoreo e spietato

e tramonta ogni giorno.

Minuscole gemme splendono sui rami di melograno

di nuovo fiorirà Primavera e tacerà l’inverno

dimenticando il buio.

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Un uomo muore, muore un ricordo

Un uomo muore, muore un ricordo

E una pietra affonda sul letto del fiume

Lieve

In memoria.

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Racconto, confronto, resoconto.

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Anche il cuore, come le stagioni, fiorisce, appassisce e fiorisce di nuovo

Nutre i pensieri di timori, di fragilità, di bellezze, di conquiste.

E’ nei tuoi sogni e nei tuoi giorni che voglio vivere, mio cuore

Dedico a te ogni battito di ciglia

Ed accarezzo il mondo con delicatezza perché mi ha dato te

Per celebrare la vita.

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Notturna

Sotto la pelle, nel sangue

Scorre dentro di me il tuo respiro

Nel silenzio della notte, ancora,

Ti chiedo perdono

ho condiviso con te troppo dolore

Tutto quello che ha frantumato il mio nido

Lascia che ti stia accanto

E che mai più accada che il peso di questa perdita possa sfiorarti

Lascia che ti tenga la mano

Perché la mia, senza la tua intrecciata, non è che vuoto.

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Il più bello dei mari

Poeta, canta al mio amore le mie parole,

Il vuoto incolmabile di chi commette un errore e non ha più voce

Poeta, possa tu ancora cantagli che

“Il più bello dei mari
è quello che non navigammo.
Il più bello dei nostri figli
non è ancora cresciuto.
I più belli dei nostri giorni
non li abbiamo ancora vissuti.
E quello
che vorrei dirti di più bello
non te l’ho ancora detto.”

Le mie mani tremano, il mio corpo cede, nulla ha valore se non lo ho con me.

 

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“nel mio silenzio ho scritto lettere piene d’amore”

Possa il tuo grande cuore perdonare la mia debolezza

giacché le anime che camminano sui vetri spezzati rimangono ferite

Possa il tuo grande cuore perdonare le mie parole

perché assunto un peso che non spettava, hanno iniziato a biascicare

Possa il tuo grande cuore vedermi nella mia fragilità

di essere umano, bambino, che sfiora il dolore della famiglia che, non sapendo affrontare la difficoltà, si sviscera e si frantuma

 

Possa tu perdonarmi, mio cuore, poiché nulla, nulla al mondo, importa più dell’averti accanto, nemmeno la mia vita.

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Non poter dormire, mangiare, vivere

 

Non riuscire a distinguere i colori per il dolore

Non riuscire a vivere per non aver saputo canalizzare la sofferenza su chi la stava causando

Ma amare è capirsi, perdonarsi

E ancora credere, in due, che l’universo ci vive dentro.

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“C’è questo stanotte, due distese di bianco spezzano l’oscurità”

Mi muovo al ritmo del vento

negli scempi urbani di questi nuovi, piccolissimi orizzonti

 

Intanto, Giovanni Lindo Ferretti canta

“non si teme il proprio tempo

è una questione di spazio”

joseph heinr

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Buon inizio dalle parole di Gramsci, possa ogni ora della vostra vita vorrei essere nuova, pur riallacciandosi a quelle trascorse.

“Ogni mattino, quando mi risveglio ancora sotto la cappa del cielo, sento che per me è capodanno.

Perciò odio questi capodanni a scadenza fissa che fanno della vita e dello spirito umano un’azienda commerciale col suo bravo consuntivo, e il suo bilancio e il preventivo per la nuova gestione. Essi fanno perdere il senso della continuità della vita e dello spirito. Si finisce per credere sul serio che tra anno e anno ci sia una soluzione di continuità e che incominci una novella istoria, e si fanno propositi e ci si pente degli spropositi, ecc. ecc. È un torto in genere delle date.

Dicono che la cronologia è l’ossatura della storia; e si può ammettere. Ma bisogna anche ammettere che ci sono quattro o cinque date fondamentali, che ogni persona per bene conserva conficcate nel cervello, che hanno giocato dei brutti tiri alla storia. Sono anch’essi capodanni. Il capodanno della storia romana, o del Medioevo, o dell’età moderna.

E sono diventati così invadenti e così fossilizzanti che ci sorprendiamo noi stessi a pensare talvolta che la vita in Italia sia incominciata nel 752, e che il 1490 0 il 1492 siano come montagne che l’umanità ha valicato di colpo ritrovandosi in un nuovo mondo, entrando in una nuova vita. Così la data diventa un ingombro, un parapetto che impedisce di vedere che la storia continua a svolgersi con la stessa linea fondamentale immutata, senza bruschi arresti, come quando al cinematografo si strappa il film e si ha un intervallo di luce abbarbagliante.

Perciò odio il capodanno. Voglio che ogni mattino sia per me un capodanno. Ogni giorno voglio fare i conti con me stesso, e rinnovarmi ogni giorno. Nessun giorno preventivato per il riposo. Le soste me le scelgo da me, quando mi sento ubriaco di vita intensa e voglio fare un tuffo nell’animalità per ritrarne nuovo vigore.

Nessun travettismo spirituale. Ogni ora della mia vita vorrei fosse nuova, pur riallacciandosi a quelle trascorse. Nessun giorno di tripudio a rime obbligate collettive, da spartire con tutti gli estranei che non mi interessano. Perché hanno tripudiato i nonni dei nostri nonni ecc., dovremmo anche noi sentire il bisogno del tripudio. Tutto ciò stomaca.

Aspetto il socialismo anche per questa ragione. Perché scaraventerà nell’immondezzaio tutte queste date che ormai non hanno più nessuna risonanza nel nostro spirito e, se ne creerà delle altre, saranno almeno le nostre, e non quelle che dobbiamo accettare senza beneficio d’inventario dai nostri sciocchissimi antenati.”

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Dove la vita ristagna.

fada-azul-e-pinóquio

A cosa pensavi, piccolissima musa di ghiaccio,

sguardo di cenere e pensieri in declino

mentre camminavi distratta dalle tue solitudini?

 

Incedevi luttuosa affrontando l’uragano

sussurravi all’orecchio del bambino

che le lingue dei fuochi fatui hanno denti di lupo

che i silenzi celano le verità.

1 Commento

ambra.

Mi sei apparsa

nella resina dei sogni persi

avevi gli occhi dello stesso colore d’ambra

di mille anni fa

quando ancora ci svegliava la luce del sole

o la voce di nostra madre

anziché la paura di un giorno nuovo,

anziché l’aspettativa.

 

Ti ho visto

e mi hai commosso.

 

Avevamo ancora vestiti puliti

tu sempre le ginocchia sbocciate

tu sempre i mille cuori che ti vivevano dentro.

 

Ma il peso del tempo é come pietra sui corpi

l’irrimediabilità del trascorso mi spegne.

Rimane di te quella resina spessa sui miei sogni

e poco più che un profumo remoto.

guy-bourdin1

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Cellulosa.

chagallHo un davanzale pieno di fiori arancioni, come nei quadri di Chagall

bellissimo, invaso da petali profumati che stillano sole dalle venature di cellulosa

mi fermo a guardali ogni mattino, mi raccontano di quanto sia sacro l’amore

guardano il cielo dal nostro spicchio di cielo, azzurro, lontano

mi dicono di non aver paura, che d’estate si trema sempre di nostalgia.

 

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